Espropriazioni per pubblica
utilità
Le lezioni sono state elaborate dal prof. Giuseppe Platania
Evoluzione della normativa nazionale | |
Pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza | |
Sono in preparazione altri capitoli sull'argomento |
Introduzione
L’espropriazione per pubblica utilità si configura come atto ablativo, cioè come atto mediante il quale viene imposto al titolare di un diritto reale la rinuncia al suo godimento ed alla sua disponibilità, determinandone il suo affievolimento e la sua trasformazione in interesse legittimo alla regolarità della procedura posta in essere dall’ente espropriante. | Atto
ablativo
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Nell’istituto dell’espropriazione per pubblica utilità si sostanziano due principi fondamentali del nostro sistema giuridico e costituzionale:
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Il concetto di limitazione all’esercizio di tale diritto - estraneo alla civiltà ed al diritto romano che riconosceva al proprietario la plena potestas in re - si ritrova già in età comunale, tra il XII ed il XIV secolo. Infatti, i regolamenti comunali del tempo prevedevano il trasferimento coattivo della proprietà, per motivi di pubblica necessità e per iusta causa, dal privato alla pubblica amministrazione, dietro il pagamento di un praetium, la cui entità e le modalità di corresponsione variavano da località in località. | Età comunale |
Ma è alla fine del XVIII secolo che, per la prima volta, il principio di espropriazione della proprietà viene sancito in una legge costituzionale. Il 12 settembre 1791, in Francia, a conclusione dei moti rivoluzionari che portarono alla fine della Monarchia assoluta, l’Assemblea Costituente votò la Costituzione in cui, pur riconoscendo la proprietà privata quale diritto inviolabile dei cittadini, ne limitava il suo esercizio in caso di assoluta necessità pubblica e dietro il pagamento di una indennità. |
Costituzione francese del 1791 |
Nel
tempo, il principio di necessità
pubblica si è evoluto in quello di utilità
pubblica, attenuandosi sempre più il
carattere eccezionale dell’istituto dell’espropriazione. Ed è con tale locuzione che nel nostro Paese, il 25 giugno 1865, è stata licenziata la prima legge in materia. |
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In
Italia, l’istituto dell’espropriazione trova fondamento
nell’art. 42 della Costituzione che riconosce e garantisce la
proprietà privata ma ne limita l’esercizio nell’interesse
superiore della collettività: "... La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti" (c. 2°). "La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale" (c. 3°). |
Costituzione italiana del 1948
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L’insegnamento
che si trae dalla norma costituzionale è riconducibile a tre principi
fondamentali: 1. l’espropriazione può avvenire solo nei casi previsti dalla legge. Pertanto, alla legge è demandato il compito di definire: 1.1 l’autorità preposta all' emanazione del provvedimento amministrativo ordinato all’espropriazione; 1.2 gli interessi generali prevalenti sull’interesse individuale; 1.3 le modalità e le procedure da osservare; 1.4 i beni espropriabili; 1.5 i soggetti giuridici che intervengono nel procedimento espropriativo. 2. l’espropriazione può avvenire solo a titolo oneroso e cioè mediante la corresponsione di un indennizzo che rappresenti un "serio ristoro" del danno subito dal soggetto espropriato. 3. l’espropriazione può avvenire solo per motivi di interesse generale. |
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Tali principi costituzionali trovano riscontro nell’art. 834 c.c.: "Nessuno può essere privato in tutto o in parte dei beni di sua proprietà, se non per causa di pubblico interesse, legalmente dichiarata, e contro il pagamento di giusta indennità" (c. 1°). | art. 834 c.c. |
A tal proposito è opportuno osservare che tra le due norme, formalmente identiche, esiste una differenza sostanziale e non solo di tipo lessicale e, naturalmente, la norma costituzionale corregge quella contenuta nel codice civile. | |
La prima differenza risiede nelle locuzioni "interesse generale" (Costituzione) e "pubblico interesse" (codice civile). L’ espressione del codice limita le ragioni dell’ espropriazione all’interesse di un solo soggetto (pubblico), mentre quella contenuta nella norma costituzionale, non riferendosi ad un soggetto in particolare, ha un significato più ampio. In tal modo, è possibile estendere il procedimento espropriativo anche a favore di un privato purché le finalità siano tali da soddisfare "interessi ed utilità generali", come più volte affermato dalla suprema Corte. | Interesse
generale Interesse pubblico |
La seconda differenza è contenuta nelle locuzioni "indennizzo" (Costituzione) ed "indennità" (codice civile). Con il termine "indennità" si intende l’effettivo valore di mercato del bene, mentre "l’indennizzo" rappresenta un "ristoro" riconosciuto al proprietario espropriato per il sacrificio sopportato, come più volte sottolineato dal giudice costituzionale. Tale ristoro deve possedere i seguenti requisiti:
Pertanto è auspicabile che anche nella letteratura di settore si utilizzi la locuzione "indennizzo". |
Indennizzo Indennità
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In generale, sono
espropriabili tutti i beni immobili gravati dal diritto di proprietà
e da altri diritti reali di godimento ed, in linea teorica, anche i
beni mobili.
A tal proposito bisogna ricordare che la condizione giuridica di tali beni, esplicitata nell’art. 828 c.c., escluderebbe la possibilità di sottrarli alla loro destinazione senza la previa retrocessione al patrimonio disponibile. Tuttavia si è andata consolidando una giurisprudenza secondo cui "la potestà espropriativa non incontra un limite obiettivo nella circostanza che i beni da espropriare soddisfano altri interessi pubblici, poiché nulla esclude che un interesse pubblico, ritenuto dall’amministrazione di grado maggiore, possa prevalere su un altro interesse di importanza minore" (2). Dello stesso tenore, il pronunciamento del TAR Lazio, secondo cui gli immobili appartenenti al patrimonio indisponibile di un ente pubblico possono essere espropriati per il conseguimento di un fine generale (3). |
Beni
espropriabili
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(1)
cfr. Cassazione, S.U., 11.06.1973, n. 1677 (2) cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 29.04.1977, n. 439. (3) cfr. TAR Lazio, sez. Latina, 17.02.1987, n. 112. |
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Non sono espropriabili alcune categorie di beni individuate dalla legge. E, più precisamente:
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Beni
non espropriabili
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(4)
"Gli edifici destinati all’esercizio del culto cattolico,
anche se appartengono a privati, non possono essere sottratti alla
loro destinazione neppure per effetto di alienazione, fino a che la
destinazione stessa non sia cessata in conformità delle leggi che li
riguardano" (art. 831 c.c., c. 2). (5) cfr. artt. 21 e ss. della normativa 08.08.1984 tra la Santa Sede ed il Governo italiano, approvata con protocollo del 15.11.1984 e ratificata con L. 206/1985. (6) "I beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano" (art. 823 c.c., c. 1). |
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I
soggetti che intervengono nel procedimento espropriativo sono tre: 1. l’autorità investita del potere espropriativo, che varia a seconda della natura dell’opera (7); 2. l’espropriante, cioè il soggetto che promuove l’esproprio ed a cui, di norma, è trasferito il bene. É definito "soggetto attivo"; 3. l’espropriato, cioè il soggetto che subisce l’esproprio. É definito "soggetto passivo". |
I soggetti
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(7) Il Prefetto, per le opere di competenza statale; il Presidente della Giunta regionale, per le opere di competenza regionale o subregionale; il Sindaco, per le opere di competenza comunale. | |
La limitazione all’esercizio del diritto di proprietà consiste non solo nella espropriazione, totale o parziale, di un bene, ma anche nella imposizione di vincoli o di servitù, in ragione di un interesse collettivo, previsti dal codice civile e regolamentati da leggi speciali:
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Altre
forme di limitazione del diritto di proprietà
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