Espropriazioni per pubblica utilità

Evoluzione della normativa nazionale

1 - Legge 25 giugno 1865, n. 2359 - Cosiddetta legge fondamentale

La legge fondamentale in materia di espropriazione per pubblica utilità fu promulgata subito dopo la formazione dello Stato unitario, a conclusione delle battaglie risorgimentali, in un contesto storico, politico e culturale che determinò la nascita di uno Stato liberale, imperniato su una politica economica orientata alla tutela degli interessi individuali e privatistici in contrapposizione alla filosofia dello Stato sociale che, viceversa, fonda la sua ragion d’essere su una politica economica che privilegia l’interesse collettivo - pur riconoscendo e garantendo i diritti e gli interessi individuali - e, con la sua diretta partecipazione, esercita una funzione di ridistribuzione.  
Si tratta di una legge complessa, macchinosa dal punto di vista procedurale e, riflettendo lo spirito del tempo, eccessivamente garantista nei riguardi dell’interesse individuale rispetto a quello più generale della collettività, ancorando l’indennità da corrispondere al soggetto espropriato al valore di mercato del bene (1), senza peraltro precisare i criteri generali di stima.

Indennità di esproprio

 

(1) "Nei casi di occupazione totale, la indennità dovuta all’espropriato consisterà nel giusto prezzo che a giudizio dei periti avrebbe avuto l’immobile in una libera contrattazione di compravendita" (art. 39).
Ancora oggi, essa rappresenta la cornice normativa di riferimento in materia di espropriazioni per pubblica utilità, sia pure con le innovazioni procedurali e le semplificazioni introdotte dalla L. 865/1971 e dalla L. 1/1978.

La legge è strutturata in tre titoli, di cui i primi due articolati in sette capitoli ciascuno.

Il titolo III, invece, consta di due soli articoli:

  • titolo I: disposizioni generali (artt. 1¸ 63);
  • titolo II: disposizioni particolari (artt. 64¸ 94);
  • titolo III: disposizioni finali e transitorie (artt. 95¸ 96).

Il terzo titolo definisce le modalità circa gli atti di vendita derivanti dall’espropriazione e le forme in cui devono essere notificati gli atti relativi al procedimento espropriativo.

Struttura della legge

 

STRUTTURA DELLA LEGGE FONDAMENTALE 2359/1865

TITOLO I

TITOLO II

CAPO I

Degli atti che debbono precedere la dichiarazione di pubblica utilità (artt. 1¸ 8). Degli atti che debbono precedere la dichiarazione di pubblica utilità (artt. 1¸ 8). Degli atti che debbono precedere la dichiarazione di pubblica utilità (artt. 1¸ 8). Degli atti che debbono precedere la dichiarazione di pubblica utilità (artt. 1¸ 8).

CAPO I

Delle occupazioni temporanee di fondi per l’estrazione di pietre, ghiaia e per altri usi necessari per l’ esecuzione di opere pubbliche (artt. 64¸ 70).

 
  • quali opere debbono intendersi di pubblica utilità;

  • modalità per ottenere la dichiarazione di pubblica utilità;

  • modalità con cui chiunque può fare osservazioni e che rimanda ad un regolamento mai emanato;

  • modalità con cui debbono svolgersi le operazioni peritali e le sanzioni a carico di chi si oppone al loro svolgimento.

 
  • modalità per la richiesta delle occupazioni temporanee da parte degli esecutori dei lavori;

  • modalità per la concessione e diritti dei proprietari;

  • modalità per la determinazione dell’indennità.

CAPO II

Della dichiarazione di pubblica utilità (artt. 9¸ 15). Della dichiarazione di pubblica utilità (artt. 9¸ 15). Della dichiarazione di pubblica utilità (artt. 9¸ 15). Della dichiarazione di pubblica utilità (artt. 9¸ 15).

CAPO II

Delle occupazioni nei casi di forza maggiore e di urgenza (artt. 71¸ 73). Delle occupazioni nei casi di forza maggiore e di urgenza (artt. 71¸ 73). Delle occupazioni nei casi di forza maggiore e di urgenza (artt. 71¸ 73). Delle occupazioni nei casi di forza maggiore e di urgenza (artt. 71¸ 73).

 
  • opere per le quali la dichiarazione di pubblica utilità deve farsi mediante apposita legge;

  • le autorità che, investite del potere espropriativo, possono emanare il decreto con cui si dichiara la pubblica utilità dell’opera;

  • contenuti della dichiarazione di pubblica utilità.

 
  • sono definite:

+ le procedure;
+ la liquidazione dell’indennità;
+ i tempi massimi di durata dell’occupazione.

CAPO III

Della designazione dei beni da espropriarsi (artt. 16¸ 23). Della designazione dei beni da espropriarsi (artt. 16¸ 23). Della designazione dei beni da espropriarsi (artt. 16¸ 23). Della designazione dei beni da espropriarsi (artt. 16¸ 23).

CAPO III

Delle espropriazioni per opere militari (artt. 74¸ 76). Delle espropriazioni per opere militari (artt. 74¸ 76). Delle espropriazioni per opere militari (artt. 74¸ 76). Delle espropriazioni per opere militari (artt. 74¸ 76).

 
  • contenuti del piano particellare di esproprio;

  • modalità per il deposito e la pubblicazione del piano;

  • modalità per la presentazione delle osservazioni da parte dei cittadini e competenze del titolare del potere espropriativo in merito e per gli atti successivi;

  • diritti dei proprietari.

 

Sono definite le modalità per procedere alle espropriazioni:

Sono applicabili le disposizioni contenute nei capi IV, V, VI e VII del titolo I.

CAPO IV

Dell’indennità e del modo di determinarla (artt. 24¸ 46).

CAPO IV

Delle espropriazioni con obbligo di contributo (artt. 77¸ 82). Delle espropriazioni con obbligo di contributo (artt. 77¸ 82). Delle espropriazioni con obbligo di contributo (artt. 77¸ 82). Delle espropriazioni con obbligo di contributo (artt. 77¸ 82).

 
  • modalità di accettazione o di pattuizione amichevole dell’indennità di esproprio;

  • soggetti aventi diritto all’indennità;

  • modalità e termini per il pagamento dell’indennità di esproprio;

  • modalità da seguire nel caso di rifiuto dell’indennità;

  • modalità per la determinazione dell’indennità di espropriazione;

  • modalità per il trattamento dei fondi gravati da enfiteusi o da servitù.

 
  • modalità ed entità con cui il proprietario di beni confinanti o contigui con l’opera pubblica da realizzare è obbligato a contribuire alla sua esecuzione in ragione del vantaggio tratto dalla realizzazione dell’opera;

  • i diritti e le facoltà del proprietario e le garanzie che egli deve offrire.

CAPO V

Dell’espropriazione (artt. 47(2)¸ 51).

(2) Abrogato dall’art. 2, L. 20.03.1968, n. 391.

CAPO V

Dell’espropriazioni dei monumenti storici o di antichità nazionali (artt. 83¸ 85).

 
  • Sezione I: decreto che pronunzia l’espropriazione e l’occupazione dei beni; suoi effetti rispetto al proprietario espropriato (artt. 47¸ 51);

  • Sezione II: effetti dell’espropriazione riguardo a terzi; pagamento dell’indennità (artt. 52¸ 56).

 
  • modalità di acquisto da parte dello Stato degli immobili storico-artistici la cui conservazione pericolasse in mano privata;

  • modalità di determinazione e liquidazione dell’indennità.

CAPO VI

Disposizioni circa i beni soggetti ad espropriazione di spettanza dei minori, interdetti, assenti, corpi morali ed altrettante persone (artt. 57¸ 59). Disposizioni circa i beni soggetti ad espropriazione di spettanza dei minori, interdetti, assenti, corpi morali ed altrettante persone (artt. 57¸ 59). Disposizioni circa i beni soggetti ad espropriazione di spettanza dei minori, interdetti, assenti, corpi morali ed altrettante persone (artt. 57¸ 59). Disposizioni circa i beni soggetti ad espropriazione di spettanza dei minori, interdetti, assenti, corpi morali ed altrettante persone (artt. 57¸ 59).

CAPO VI

Dei piani regolatori edilizi (artt. 86¸ 92).
(I contenuti sono da ritenersi superati dalle disposizioni di cui alla L. 1150/1942). Dei piani regolatori edilizi (artt. 86¸ 92).
(I contenuti sono da ritenersi superati dalle disposizioni di cui alla L. 1150/1942).
Dei piani regolatori edilizi (artt. 86¸ 92).
(I contenuti sono da ritenersi superati dalle disposizioni di cui alla L. 1150/1942).
Dei piani regolatori edilizi (artt. 86¸ 92).
(I contenuti sono da ritenersi superati dalle disposizioni di cui alla L. 1150/1942).
Dei piani regolatori edilizi (artt. 86¸ 92).
(I contenuti sono da ritenersi superati dalle disposizioni di cui alla L. 1150/1942).
Dei piani regolatori edilizi (artt. 86¸ 92).
(I contenuti sono da ritenersi superati dalle disposizioni di cui alla L. 1150/1942).
Dei piani regolatori edilizi (artt. 86¸ 92).
(I contenuti sono da ritenersi superati dalle disposizioni di cui alla L. 1150/1942).

CAPO VII

Del diritto degli espropriati di ottenere la retrocessione dei loro fondi non stati occupati nell’esecuzione delle opere di pubblica utilità (artt. 60¸ 63)

CAPO VII

Dei piani di ampliamento (artt. 95¸ 96).
(I contenuti sono da ritenersi superati dalle disposizioni di cui alla L. 1150/1942). Dei piani di ampliamento (artt. 95¸ 96).
(I contenuti sono da ritenersi superati dalle disposizioni di cui alla L. 1150/1942).
Dei piani di ampliamento (artt. 95¸ 96).
(I contenuti sono da ritenersi superati dalle disposizioni di cui alla L. 1150/1942).
Dei piani di ampliamento (artt. 95¸ 96).
(I contenuti sono da ritenersi superati dalle disposizioni di cui alla L. 1150/1942).
Dei piani di ampliamento (artt. 95¸ 96).
(I contenuti sono da ritenersi superati dalle disposizioni di cui alla L. 1150/1942).
Dei piani di ampliamento (artt. 95¸ 96).
(I contenuti sono da ritenersi superati dalle disposizioni di cui alla L. 1150/1942).
Dei piani di ampliamento (artt. 95¸ 96).
(I contenuti sono da ritenersi superati dalle disposizioni di cui alla L. 1150/1942).

 
  • Sono definite le modalità, i tempi ed i costi per il riacquisto della proprietà dei fondi non utilizzati da parte degli ex proprietari e/o dei loro aventi ragione.

   

 

2 - Legge 15 gennaio 1885, n. 2892 - Cosiddetta legge di Napoli

Nel 1884 alcuni quartieri della città di Napoli furono interessati da un’epidemia colerica molto virulenta, esaltata, negli esiti, dalle condizioni antigieniche e di sovraffollamento delle abitazioni.
Per fronteggiare questa grave situazione e per evitare l’estensione dell’epidemia in altre zone della città, fu decisa la demolizione di questi quartieri e la riedificazione delle abitazioni in zone salubri e con requisiti igienici rispondenti alle norme sanitarie.
Le abitazioni interessate erano dei veri e propri tuguri ed i loro valori oggettivi erano molto bassi, mentre, viceversa, risultavano particolarmente elevati i fitti, in relazione alla qualità delle abitazioni, per la limitata disponibilità di case rapportata all’alta densità abitativa della zona interessata dall’epidemia.
 

L’applicazione della L. 2359/1865, presentava due inconvenienti:

  • le lungaggini procedurali poste in essere dalla legge anzidetta non si coniugavano con l’esigenza di rapidità che la gravità della situazione imponeva;

  • il rischio che i periti, avendo facoltà di scelta nello stabilire il procedimento di stima, utilizzassero il criterio della capitalizzazione del reddito che, per i motivi anzidetti, era elevatissimo, pervenendo a valori di stima molto superiori agli effettivi valori delle abitazioni.

Pertanto, il legislatore del tempo decise di promulgare una legge speciale, cosiddetta Legge di Napoli, che, modificando il criterio per la determinazione dell’indennità previsto dalla L. 2359/1865, consentisse di pervenire ad una equa considerazione del "diritto alla pubblica salute col diritto di proprietà", come si evince dalla relazione di accompagnamento della Commissione parlamentare incaricata.

Fu stabilito che l’indennità dovuta al proprietario fosse costituita dalla media fra il valore venale ed i fitti coacervati dell’ultimo decennio (1).

Inapplicabilità della
L. 2359/1865

 

 

 

 

Nuovo criterio per
determinare l'indennità

(1) "... L’indennità dovuta ai proprietari degli immobili espropriati sarà determinata sulla media del valore venale e dei fitti coacervati dell’ultimo decennio purché essi abbiano data certa corrispondente al rispettivo anno di locazione".
"In difetto di tali fitti accertati l’indennità sarà fissata sull’imponibile netto agli effetti delle imposte su terreni e su fabbricati".
"I periti non dovranno, nella stima per l’indennità, tener conto dei miglioramenti e delle spese, fatti dopo la pubblicazione ufficiale del piano di risanamento" (art. 13).

Sin dalla sua nascita, la legge suscitò numerose controversie circa l’interpretazione da dare al secondo termine della media. Alcuni sostenevano che esso andava considerato come capitalizzazione del fitto medio del decennio e non come somma di dieci annualità di affitto, come, invece, si evince chiaramente tanto dalla lettura del testo quanto dallo spirito con cui il legislatore emanò il provvedimento. Si trattò, in ogni caso, di pura esercitazione accademica e la legge è stata sempre applicata considerando la somma dei fitti dell’ultimo decennio.
Appare invece fondata la critica mossa sulla sostituzione dei fitti con l’imponibile catastale quando i primi non erano certi e documentabili. É notorio, infatti, che fra i due elementi esiste una differenza sostanziale.
In ogni caso, e come spesso accade, il rimedio si rivelò peggiore del male. L’applicazione dell’art. 13 ha prodotto all’epoca, nonostante gli intenti dichiarati del legislatore -
"espropriare di più e pagare di meno" - un valore dell’indennità, in genere, superiore al "giusto prezzo di mercato" a causa dei fitti elevatissimi.
Anche nei casi in cui, non essendo certi e documentabili i fitti, si fece ricorso agli imponibili catastali, il valore dell’indennità risultò ugualmente alto in quanto gli stessi imponibili erano stati oggetto di recente revisione.
In ogni caso si trattò di un vero e proprio affare per i proprietari dei "tuguri".

 

 

 

Successivamente, nei casi in cui tale norma è stata estesa ad altri ambiti (2), essendo diverse le condizioni urbanistiche e di mercato, la determinazione dell’indennità con il criterio previsto dall’art. 13 è risultata inferiore al valore venale dell’immobile - a volte anche molto inferiore - consumandosi in tal modo vere e proprie ingiustizie.

Un esempio di tali effetti distorti è rappresentato dalla L. 167/1962, sulla acquisizione delle aree da destinare all’edilizia economica e popolare.
L’indennità di espropriazione veniva determinata in base all’art. 13 della legge di Napoli, sostituendo i fitti con il coacervo decennale del reddito dominicale catastale. Essendo l’entità di quest’ ultimo trascurabile - anche se rivalutato mediante i coefficienti di legge - l’indennità risultante ammontava a poco più della metà del valore venale dell’immobile.

Estensione
della legge di Napoli

 

 

 

(2) Elenco delle principali leggi che si richiamano alla legge di Napoli:

  • L. 07.07.1907, n. 429 (costruzione di ferrovie)
  • L. 23.06.1917, n. 630 (costruzione di aeroporti)
  • R.D. 05.02.1928, n. 577 (costruzione di edifici scolastici)
  • L. 17.05.1928, n. 1094 (lavori di competenza dell’Azienda Autonoma Strade Statali)
  • L. 09.08.1954, n. 640 (eliminazione abitazioni malsane)
  • L. 18.04.1962, n. 167 (acquisizione aree per l’edilizia economica e popolare)
  • L. 14.02.1963, n. 60 (costruzione case popolari per lavoratori)
  • .......
  • L. 08.08.1992, n. 359, art. 5 bis

 

3 - Legge 22 ottobre 1971, n. 865 - Cosiddetta legge per la casa

La legge per la casa ha rappresentato un passaggio importante nell’evoluzione della legislazione edilizia ed urbanistica nel nostro paese.
I punti qualificanti ed innovativi della legge, strutturata in cinque titoli, possono così sintetizzarsi:

  • unificazione della programmazione e della gestione di tutti i fondi comunque destinati al settore edilizio;

  • collegamento con la pianificazione urbanistica della maggior parte degli interventi finanziati con il contributo dello Stato, nell’ambito dei piani di zona 167;

  • creazione dell’istituto della convenzione, al fine di assicurare un maggior controllo pubblico sugli interventi;

  • formazione di un demanio pubblico di aree espropriate, con indennità commisurata al valore agricolo del terreno e conseguente parziale abbattimento dei plusvalori collegati alla rendita fondiaria;

  • previsione di interventi straordinari per soddisfare i fabbisogni arretrati di abitazioni.

Punti qualificanti
ed innovativi della
legge 865/1971

 

 

In materia di espropriazione, la legge dedica l’intero Titolo II - Norme sull’espropriazione per pubblica utilità - in cui:

  • vengono innovate e modificate le procedure per le espropriazioni e le occupazioni di urgenza;

  • vengono ridefiniti i criteri per la determinazione dell’indennità.



Innovazioni
introdotte dalla legge

 

Le nuove disposizioni si applicano alle espropriazione degli immobili preordinate (1):

  • alla realizzazione degli interventi di edilizia residenziale previsti nel primo titolo della legge;

  • all’acquisizione delle aree comprese nei P.E.E.P. di cui alla L. 167/1962 e successive modifiche;

  • alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, compresi i parchi pubblici;

  • alla realizzazione di singole opere pubbliche;

  • al risanamento, anche conservativo, degli agglomerati urbani;

  • alla ricostruzione di edifici o quartieri distrutti o danneggiati da eventi bellici o da calamità naturali;

  • all’acquisizione delle aree comprese nelle zone di espansione ai sensi dell’art. 18 della L. 1150/1942;

  • all’acquisizione degli immobili necessari per la costituzione di parchi naturali.

Successivamente, le disposizioni di cui alla L. 865/1971 sono state estese a tutte le espropriazioni preordinate alla realizzazione di opere pubbliche (2).

Ambito di applicazione

 

 

 

 

 

 

(1) cfr. Circolare Ministero LL.PP. 08.02.1972, n. 991/61/A/1

(2) cfr. L. 27.06.1974, n. 247, art. 4.

Per la determinazione dell’indennità di esproprio venne introdotto un nuovo criterio fondato sullo scorporamento del valore agricolo del terreno, appartenente al proprietario, dal diritto di superficie finalizzato alla edificazione, avocato alla mano pubblica. In tal modo si incideva in maniera radicale sulla rendita fondiaria, determinando il trasferimento del plusvalore delle aree edificabili dal proprietario alla pubblica amministrazione.
"Per effetto di tale legge viene a crearsi un doppio regime dei suoli edificatori - l’uno pubblico e l’altro privato - con evidenti sperequazioni, poiché il primo elimina o quanto meno riduce l’appropriazione privata del plusvalore delle aree e l’altro, invece, consente al proprietario di lucrare l’intera rendita" (3).

Scorporamento
del valore agricolo
dal diritto di superficie

Doppio regime
dei suoli edificatori

(3) F. BOTTINO - V.A. BRUNETTI, Il nuovo regime dei suoli, Roma, 1977, pag. 18

In sintesi, l’indennità di esproprio veniva ancorata al valore agricolo del terreno e diversificata nel suo ammontare a seconda che l’area ricadeva all’esterno o all’interno del centro edificato. Più precisamente:

  • per le aree esterne, l’indennità è commisurata al valore agricolo medio corrispondente al tipo di coltura effettivamente praticato;

  • per le aree interne, l’indennità è commisurata al valore agricolo medio della coltura più redditizia tra quelle che, nella regione agraria di appartenenza, coprono una superficie superiore al 5% di quella coltivata, moltiplicato per dei coefficienti variabili in funzione della popolazione del comune di appartenenza (4).

Nuovo criterio per
la determinazione
dell'indennità

 


(4) cfr. art. 16, cc. 5, 6 e 7, L. 865/1971, così come modificato dall’art. 14, L. 10/1977:

  • per i comuni con popolazione fino a 100.000 abitanti: da 2 a 5;
  • per i comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti: da 4 a 10.

Inoltre, la legge prevede alcuni meccanismi correttivi e compensativi:

  • in caso di cessione volontaria, l’indennità può essere aumentata fino al 50%, limitatamente alla quota relativa ai soli terreni, con esclusione di quella relativa ai fabbricati ed alle opere di urbanizzazione (5);

  • la liquidazione di indennità aggiuntive a favore dei fittavoli, mezzadri, coloni o compartecipanti, in aggiunta a quella spettante al proprietario, determinata in base al valore agricolo medio della coltura effettivamente praticata, anche se l’area è ubicata all’interno dei centri edificati, e si riferisce ai soli terreni con esclusione dei fabbricati e delle opere di urbanizzazione il cui valore spetta solo al proprietario;

  • in presenza di proprietario coltivatore diretto, l’indennità viene triplicata, limitatamente alla sola parte riferita al terreno (6).

 

Cessione volontaria

Indennità aggiuntive

 

Coltivatore diretto

(5) Originariamente il 10%. Successivamente elevata al 30% con L. 247/1974 ed al 50% con L. 10/1977.
(6) Originariamente il doppio. Successivamente triplicata con L. 10/1977.

 

4 - Legge 27 giugno 1974, n. 247 - Norme per accelerare i programmi di edilizia residenziale

Le innovazioni introdotte dalla legge sono le seguenti:

  • estensione delle disposizioni di cui alla L. 865/1971 a tutte le espropriazioni preordinate alla realizzazione di opere pubbliche da parte dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni o di altri enti pubblici o di diritto pubblico, anche non territoriali;

  • incremento dell’indennità di esproprio prevista dalla L. 865/1971 in caso di cessione volontaria;

  • in carenza di apposite norme regionali, è il Presidente della giunta regionale che pronuncia i decreti di espropriazione e di occupazione di urgenza e compie gli atti dei relativi procedimenti di competenza della Regione.

 

 

5 - Legge 28 gennaio 1977, n. 10 - Norme per la edificabilità dei suoli (cosiddetta Legge Bucalossi)

Le innovazioni introdotte dalla legge Bucalossi in materia di espropriazioni per pubblica utilità sono le seguenti:

  • l’attuazione degli strumenti urbanistici generali avviene sulla base di programmi pluriennali di attuazione che delimitano le aree e le zone nelle quali debbono realizzarsi le previsioni di detti strumenti e le relative urbanizzazioni in un tempo variabile da tre a cinque anni.

  • Qualora nei tempi indicati dai programmi di attuazione gli aventi titolo non presentino istanza di concessione, singolarmente o riuniti in consorzio, il comune espropria le aree che saranno utilizzate secondo modalità stabilite da apposita legge regionale;

  • in caso di cessione volontaria, è l’ente espropriante che comunica l’indennità provvisoria, la cui entità può essere incrementata fino al 50%;

  • aumento dei coefficienti moltiplicatori del valore agricolo del terreno ai fini della determinazione dell’ indennità per le aree ricadenti all’interno del centro edificato;

  • aumento dell’indennità in presenza di proprietario coltivatore diretto;

  • indennità di occupazione, la cui durata è estesa ad un massimo di cinque anni, calcolata in ragione di 1/12 dell’indennità di esproprio, per ciascun anno di occupazione.

 

 

6 - Legge 03 gennaio 1978, n. 1 - Accelerazione delle procedure per l’esecuzione di opere pubbliche

La legge ha introdotto modifiche importanti nella disciplina urbanistica ed in materia di espropriazioni per effetto dell’art. 1, secondo cui: "L’approvazione dei progetti di opere pubbliche (...) equivale a dichiarazione di pubblica utilità e di urgenza ed indifferibilità delle opere stesse" (1).

Effetti prodotti
dall’art. 1, L. 1/1978

(1) "L’approvazione dei progetti di opere pubbliche da parte dei competenti organi statali, regionali, delle province autonome di Trento e Bolzano e degli altri enti territoriali equivale a dichiarazione di pubblica utilità e di urgenza ed indifferibilità delle opere stesse".
"Rimangono ferme le disposizioni contenute in leggi speciali regolanti la stessa materia".
"Gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità e di urgenza ed indifferibilità, cessano se le opere non hanno avuto inizio nel triennio successivo all’ approvazione del progetto".
"Nel caso in cui lo strumento urbanistico vigente contenga destinazioni specifiche di aree per la realizzazione di servizi pubblici l’approvazione di progetti di opere pubbliche da parte del consiglio comunale, anche se non conformi alle specifiche destinazioni di piano, non comporta necessità di variante allo strumento urbanistico medesimo".
"Nel caso in cui le opere ricadano su aree che negli strumenti urbanistici approvati non sono destinate a pubblici servizi, la deliberazione del consiglio comunale di approvazione del progetto costituisce adozione di variante degli strumenti stessi, non necessita di autorizzazione regionale preventiva e viene approvata con le modalità previste dagli articoli 1 e seguenti della L. 18 aprile 1962, n. 167, e successive modifiche ed integrazioni".
"La regione emana il decreto di approvazione entro sessanta giorni dal ricevimento degli atti" (art. 1, L. 1/1978).
Taluni studiosi hanno sostenuto che l’applicazione di questa norma determina un affievolimento o addirittura l’annullamento degli elementi di garanzia a favore dei privati nel procedimento espropriativo, in quanto la dichiarazione di pubblica utilità scaturisce ex lege e priva il cittadino del diritto di difesa dei propri interessi, a differenza della legge fondamentale del 1865 che prevedeva la partecipazione dei privati nel procedimento espropriativo sia in sede di formulazione del progetto di massima dell’opera (2), sia al momento del deposito del piano di esecuzione (3) e della L. 865/1971 che prevedeva l’istituto delle osservazioni (4).

Affievolimento degli
elementi di garanzia
a favore dei privati (?)

 

(2) "... chiunque può prendere conoscenza della relazione e del piano depositati nell’Ufficio del Comune (...) e fare le sue osservazioni" (art. 5, L. 2359/1865).

(3) "... le parti interessate possono prendere conoscenza del piano di esecuzione e possono proporre in merito di esso le loro osservazioni .." (art. 18, L. 2359/1865.

(4) "Le amministrazioni, gli enti ed i soggetti legittimati a promuovere il procedimento di espropriazione per pubblica utilità depositano nella segreteria del comune, nel cui territorio sono compresi gli immobili da espropriare, una relazione esplicativa dell’opera o dell’intervento da realizzare, corredata dalle mappe catastali sulle quali siano individuate le aree da espropriare, dall’elenco dei proprietari iscritti negli atti catastali, nonché dalle planimetrie dei piani urbanistici vigenti".
"Il sindaco notifica agli espropriandi e dà notizia al pubblico dell’avvenuto deposito entro dieci giorni mediante avviso da affiggere nell’albo del comune e da inserire nel Foglio degli annunzi legali della provincia".
"Decorso il termine di quindici giorni dalla data della inserzione dell’avviso nel foglio degli annunzi legali, durante il quale gli interessati possono presentare osservazioni scritte, depositandole nella segreteria del comune, il sindaco entro i successivi quindici giorni trasmette tutti gli atti con le deduzioni dell’ espropriante e con le eventuali osservazioni del comune, al presidente della giunta regionale". (art. 10, L. 865/1971).

In verità, i diritti dei cittadini alla tutela dei loro legittimi interessi non sono stati intaccati dalla norma anzidetta, ma semplicemente traslati nel tempo e collocati in un ambito più generale e pertinente che attiene alla pianificazione urbanistica.

Quando fu promulgata la L. 2359/1865 non esisteva una legislazione urbanistica che consentiva alla pubblica amministrazione la gestione, la programmazione ed il controllo del territorio mediante strumenti urbanistici generali ed attuativi, e l’attività edificatoria e di trasformazione del territorio era demandata, generalmente, a regolamenti locali di polizia urbana - dove esistevano - del tutto insufficienti a garantire un corretto ed equilibrato assetto del territorio. Pertanto, le opere pubbliche venivano deliberate di volta in volta, quando si ravvisava la necessità della loro realizzazione e contestualmente venivano scelti i siti più idonei per la loro localizzazione.
 

La stessa legge prevedeva la redazione di piani regolatori edilizi e di ampliamento (5), ma ne limitava la possibilità ai Comuni con popolazione superiore a diecimila abitanti, per motivi di salubrità e per il potenziamento delle vie di comunicazione.

In tale contesto, il legislatore del tempo ha previsto che la partecipazione al procedimento espropriativo del privato cittadino avvenisse con le modalità e nei tempi di cui agli artt. 5 e 18, consentendo in tal modo, a chiunque di esercitare il controllo sulle scelte della pubblica amministrazione ed alle parti interessate la tutela dei propri interessi.

 
(5) Cfr. Capo VI e Capo VII della legge.
A partire dal 1942, la gestione del territorio è disciplinata da una legge urbanistica, la L. 1150/1942, che prescrive la pianificazione territoriale mediante un insieme di strumenti urbanistici, a diversa scala territoriale, alla cui formazione è prevista la partecipazione dei cittadini attraverso l’istituto delle osservazioni e delle opposizioni (6).

Nella partecipazione dei cittadini alla fase di formazione del piano, il legislatore non ha ravvisato soltanto una valenza di democrazia, ma anche la possibilità concreta di difesa degli interessi individuali, in considerazione degli effetti prodotti dalla approvazione del piano stesso. Infatti, i piani particolareggiati precisano
"anche nel dettaglio, l’assetto definitivo delle sistemazioni delle singole zone, con la conseguente determinazione, da un lato, dei limiti e dei vincoli cui debbono attenersi i privati per le costruzioni e trasformazioni di loro spettanza, e, dall’altro alla delimitazione delle aree soggette ad esproprio od a vincoli per l’esecuzione di opere pubbliche, come effetto della dichiarazione di pubblica utilità insita nell’approvazione del piano" (7).

L. 1150/1942:
istituto delle osservazioni

 

 


(6) "Il progetto di piano regolatore generale del Comune deve essere depositato nella segreteria comunale per la durata di 30 giorni consecutivi, durante i quali chiunque ha facoltà di prenderne visione". "... Fino a 30 giorni dopo la scadenza del periodo di deposito possono presentare osservazioni le Associazioni sindacali e gli altri Enti pubblici ed istituzioni interessate" (art. 9, L. 1150/1942).
La Circ. Min. 2495/1954, parte II^, p. 3, precisa che l’istituto delle osservazioni resta aperto ai privati "ai fini di un apporto collaborativo dei cittadini al perfezionamento del piano".

(7) cfr. Circ. Min. 2495/1954, parte III^, p. 1.
In materia di destinazione urbanistica delle aree, e quindi anche in materia di espropriazione per effetto dei vincoli apposti, le scelte della pubblica amministrazione sono fatte a monte, in sede di formazione ed approvazione degli strumenti urbanistici e, pertanto, questa fase rappresenta l’ambito naturale per il confronto con i privati, anche in vista della tutele dei loro interessi individuali, inseriti nel contesto della pianificazione territoriale in cui essi si relazionano con gli interessi più generali della collettività.

D’altra parte,
"l’approvazione dei piani particolareggiati equivale a dichiarazione di pubblica utilità delle opere in essi previsti" (8) e, pertanto, l’attivazione della procedura, lunga e macchinosa, prevista dalla L. 2359/1865, non aggiungendo nulla circa la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, rappresenta una inutile e ripetitiva sovrastruttura.
Nel caso in cui l’opera pubblica da realizzare non ricada su un’area destinata dallo strumento urbanistico a servizi pubblici, l’esercizio di tutela dell’interesse privato resta ugualmente salvaguardato, in quanto l’ approvazione del progetto costituisce soltanto adozione di variante, per la quale non necessita la preventiva autorizzazione regionale. Ma la piena efficacia ed operatività della variante viene acquistata solo con l’approvazione dei competenti organi regionali, con l’osservanza delle modalità previste dagli artt. 1 e ss. della L. 167/1962, espressamente richiamate dall’art. 1 della L. 1/1978, che prevede, fra l’altro, la pubblicazione del progetto al fine di consentire la presentazione di osservazioni da parte dei soggetti interessati (9).
 

(8) art. 16, L. 1150/1942.
(9) Cfr., fra gli altri: Consiglio di Stato, sez. IV, 27.04.1987, n. 247; Consiglio di Stato, sez. V, 26.05.1989, n. 329.

Comunque sia, le diverse posizioni sorte in dottrina intorno all’affievolimento o meno della tutela degli interessi individuali, nei rapporti tra privati e pubblica amministrazione, hanno trovato soluzione nella L. 07.08.1990, n. 241 - Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.

La legge, promuovendo la partecipazione al procedimento amministrativo, ha ridisegnato l’ambito e le modalità con cui i soggetti coinvolti si relazionano dialetticamente ed ha ridimensionato il peso dell’azione autoritativa della pubblica amministrazione ed ha aumentato l’efficacia dell’azione di tutela dei privati.

L. 241/1990:
Nuove norme sul procedimento amministrativo


Fra i principi ispiratori della legge si evidenzia l’obbligo di motivare ogni provvedimento amministrativo, indicanti i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione (10).  
(10) Cfr., art. 3, comma 1.
Il rapporto fra le parti nasce per iniziativa della pubblica amministrazione che è obbligata a comunicare l’ avvio del procedimento (11) ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti (12) con le modalità previste dall’art. 8 (13).

Inoltre, chiunque, portatore di interessi pubblici o privati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, può intervenire nel procedimento (14).
Tutti i soggetti interessati hanno diritto (15):

  • di prendere visione degli atti del procedimento;
  • di presentare memorie scritte e documenti, che l’amministrazione ha l’obbligo di valutare.

Obblighi della
pubblica amministrazione

 

Diritti dei soggetti

(11) Si precisa che, a tal proposito, la giurisprudenza non è di orientamento uniforme.
Sulla non necessità di comunicare l’avvio del procedimento: TAR Veneto, sez. I, 09.02.1994, n. 82; TAR Lombardia, sez. Brescia, 17.03.1994, n. 133.

Sulla necessità di comunicare l’avvio del procedimento:
TAR Lombardia, sez. III, 04.03.1993, n. 171; CGA Sicilia, 13.12.1993, n. 246; TAR Sicilia, sez. Catania, 09.03.1996, n. 933.

(12) Cfr., art. 7, comma 1.

(13) "L’amministrazione provvede a dare notizia dell’avvio del procedimento mediante comunicazione personale".
"Nella comunicazione devono essere indicati:
a) l’amministrazione competente;
b) l’oggetto del procedimento promosso;
c) l’ufficio e la persona responsabile del procedimento;
d) l’ufficio in cui si può prendere visione degli atti".
Qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l’amministrazione provvede a rendere noti gli elementi di cui al secondo comma mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall’amministrazione medesima".
"L’omissione di taluna delle comunicazioni prescritte può essere fatta valere solo dal soggetto nel cui interesse la comunicazione è prevista" (art. 8).

(14) Cfr., art. 9.
(15) Cfr., art. 10.

La L. 241/1990 non solo consente la partecipazione del privato interessato al procedimento, ma gli riconosce anche la possibilità di contrattazione. Infatti, il primo comma dell’art. 11 prevede che "in accoglimento di osservazioni e proposte presentate a norma dell’art. 10, l’amministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale, ovvero, nei casi previsti dalla legge, in sostituzione di questo".

Appare chiaro come, anche in materia di espropriazioni per pubblica utilità, la L. 241/1990 ha delle ricadute importanti. E cioè:


Appare chiaro come, anche in materia di espropriazioni per pubblica utilità, la L. 241/1990 ha delle ricadute importanti. E cioè:

  • viene limitato il potere autoritativo della pubblica amministrazione nei confronti dei privati, rendendo paritario il rapporto tra le parti;

  • lo strumento della contrattazione dovrebbe rappresentare la "norma" nei rapporti tra ente espropriante ed espropriando, riservando l’esercizio della potestà amministrativa alla soluzione dei casi residui. In tal modo si accelererebbe l’iter procedimentale in una cornice di equa considerazione dell’interesse individuale e dell’interesse generale.

Strumento della
contrattazione

 

 

 


Ritornando alle novità introdotte dalla L. 1/1978, si precisa che per il pagamento dell’indennità di espropriazione e di occupazione di urgenza è previsto un acconto dell’ indennità provvisoria pari all’80% da liquidarsi entro sessanta giorni dall’ immissione in possesso.

Circa gli adempimenti da parte degli aventi diritto all’indennità, la legge prevede delle semplificazioni e dispone:

  • il destinatario dell’indennità deve dichiarare la piena e libera proprietà dell’immobile e la eventuale qualifica di coltivatore diretto nei modi e nelle forme di cui all’art. 4 della L. 04.01.1968, n. 15 (16);

  • le eventuali indennità aggiuntive, previste in favore del fittavolo, del mezzadro, del colono e del compartecipante sono liquidate con le stesse modalità.

Acconto dell'80%
sull'indennità


Semplificazioni



(16) "L’atto di notorietà concernente fatti, stati o qualità personali che siano a diretta conoscenza dell’interessato è sostituito da dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo dinanzi a funzionario competente a ricevere la documentazione, o dinanzi a un notaio, cancelliere, segretario comunale, o altro funzionario incaricato dal sindaco, il quale provvede alla autenticazione della sottoscrizione con l’osservanza delle modalità di cui all’art. 20" (art. 4, L. 15/1968).

 

7 - Le sentenze della Corte Costituzionale in materia di espropriazione dopo la legge Bucalossi.

Il 25 gennaio 1980, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 5, ha dichiarato incostituzionali perché in contrasto con l’art. 3, comma 1 (1) e con l’art. 42, comma 3 (2) ed in violazione dell’art. 53 (3), le norme di cui:

  • all’art. 16, commi 5, 6 e 7 della L. 865/1971 come modificato dall’art. 14 della L. 10/1977;

  • all’art. 4 della L. 247/1974 che estende le disposizioni dell’art. 16 della L. 865/1971 a tutte le espropriazioni preordinate alla realizzazione di opere pubbliche;

  • all’art. 19, comma 1, della L. 10/1977 (4);

  • all’art. 20, comma 3, della L. 865/1971 (5).

Sentenza n. 5/1980
della Corte Costituzionale






(1) "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali" (art. 3, comma 1, Cost.).

(2) "La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale" (art. 42, comma 3, Cost.).

(3) "Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva" (art. 53, comma 1, Cost.):

(4) "Le disposizioni di cui al precedente art. 14, in materia di determinazione dell’indennità di espropriazione e di occupazione, non si applicano ai procedimenti in corso se la liquidazione dell’indennità predetta sia divenuta definitiva o non impugnabile o definita con sentenza passata in giudicato alla data di entrata in vigore della presente legge" (art. 19, comma 1, L. 10/1977).

(5) "La commissione di cui all’art. 16 (Commissione provinciale avente il compito di determinare ogni anno il valore agricolo medio dei terreni, NdA) provvede, su richiesta del Prefetto, alla determinazione dell’indennità di occupazione di una somma pari, per ciascun anno di occupazione, ad un dodicesimo dell’indennità che sarebbe dovuta per l’espropriazione dell’area da occupare, calcolata a norma dell’art. 16 ovvero, per ciascun mese o frazione di mese di occupazione, ad un dodicesimo dell’indennità annua" (art. 20, comma 3, L. 865/1971).

In tal modo sono state colpite le norme della L. 865/1971 che riferivano l’indennità di esproprio al valore agricolo dei terreni indipendentemente dalla loro ubicazione e dalla loro suscettività edificatoria, restando pienamente legittime le norme procedurali contenute nella legge medesima.  
Al fine di colmare il vuoto legislativo venutosi a creare in conseguenza della sentenza, il legislatore ha emanato un provvedimento tampone, la L. 29.07.1980, n. 385, che detta le norme provvisorie sulla indennità di espropriazione di aree edificabili "fino all’entrata in vigore di apposita legge sostitutiva delle norme dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 5 del 1980, per tutte le espropriazioni comunque preordinate alla realizzazione di opere o interventi da parte o per conto dello stato, delle Regioni, delle province, dei Comuni e degli altri Enti Pubblici o di diritto pubblico, anche non territoriali" (cfr. art. 1).

Tali norme riproponevano gli stessi criteri indennitari fissati dall’art. 16 della L. 865/1971, come modificati dall’art. 14 della L. 10/1977, dichiarati illegittimi dalla Corte Costituzionale, con la novità che l’indennità così determinata veniva liquidata a titolo di acconto e soggetta a conguaglio secondo quanto stabilito dalla legge sostitutiva da emanarsi
entro un anno. Sulla differenza tra l’importo liquidato in acconto e quello definitivo sarebbero stati corrisposti gli interessi legali.

Inoltre, la legge prorogava di un anno il termine per l’occupazione di urgenza relativa ai lavori che erano in corso alla data di entrata in vigore della legge, passando, pertanto, da cinque a sei anni (cfr. art. 5).

L. 29.07.1980, n. 385










L’impegno dichiarato del legislatore era quello di emanare una legge di riforma entro un anno. In realtà, le norme provvisorie sono state ripetutamente prorogate, evidenziando l’incapacità del legislatore a risolvere in via definitiva questioni nodali che interessano la sfera degli interessi individuali e collettivi.

Le leggi di proroga sono state ben tre:

  • D.L. 28.07.1981, n. 396 convertito in L. 25.09.1981, n. 535 che ha prorogato il termine al 31.05.1982;

  • D.L. 29.05.1982, n. 298 convertito in L. 29.07.1982, n. 481 che ha prorogato il termine al 31.12.1982;

  • L. 23.12.1982, n. 943 che ha prorogato il termine al 31.12.1983.

E si sarebbe continuato sine die se non fosse intervenuta nuovamente la Corte Costituzionale che, con sentenza n. 223 del 15/19.07.1983, ha annullato la L. 385/1980 e le sue successive proroghe.

Con questa sentenza la Suprema Corte ha confermato la dichiarazione di illegittimità costituzionale del sistema indennitario previsto dalla L. 865/1971 e denunciato il Parlamento per violazione dell’art. 136 della Costituzione in base al quale "Quando la Corte Costituzionale dichiara la illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione".

A seguito della nuova sentenza si è chiarito che la dichiarazione di incostituzionalità è riferita soltanto al sistema indennitario relativo alle aree edificabili, mentre per i terreni agricoli restano in vigore i criteri stabiliti dalla L. 865/1971 e successive modifiche, e si è posto in maniera pressante il problema di individuare le modalità per la determinazione dell’indennità di esproprio delle suddette aree edificabili.

Una prima risposta è venuta dalla Corte di Cassazione che, con sentenza del 6 dicembre 1984, sez. I, ha stabilito che sono applicabili alle espropriazioni di aree fabbricabili i criteri determinativi dell’indennità previsti dalla L. 2359/1865 a suo tempo derogati dalle disposizioni di leggi speciali dichiarate illegittime. La stessa Corte, a sezioni unite, ha ribadito il medesimo concetto con sentenza del 10 gennaio 1986.

 

 

Leggi di proroga
della L. 385/1980



 

Dichiarazione di
incostituzionalità della
L. 385/1980





Ritorno alla disciplina
della L. 2359/1865

Nonostante il duplice pronunciamento della Corte di Cassazione, non è apparso affatto pacifico e scontato il ricorso al criterio stabilito dall’art. 39 della L. 2359/1865.

Infatti, per la Corte Costituzionale non esiste una diretta corrispondenza tra indennità di espropriazione e valore venale del bene espropriato. L’art. 42 della Costituzione non prevede l’integrale ristoro del sacrificio inflitto al proprietario, ma solo il massimo di contributo e di riparazione che, nell’ambito degli scopi di interesse generale, la pubblica amministrazione può garantire all’interesse privato (6).

Non è scontato il ritorno alla disciplina
della L. 2359/1865



(6) cfr. sentenze: n. 61/1957; nn. 41 e 67/1959; n. 91/1963; n. 115/1969.
E, da ultimo, la Suprema Corte ha solennemente affermato - proprio con la sentenza n. 223/1983 - che l’ indennizzo richiesto dal comma 3 dell’art. 42 della Costituzione non deve essere necessariamente uguale al giusto prezzo che avrebbe avuto l’immobile in una libera contrattazione di compravendita, ma basta allo scopo un serio ristoro, tale da garantire il principio costituzionale di uguaglianza.
Riassumendo, la normativa applicabile, dopo la sentenza n. 223/1983, è quella contenuta non solo nella L. 2359/1865, ma anche quella contenuta nelle leggi speciali, preordinate ad espropriazioni particolari e che fanno riferimento alla legge di Napoli.
Di uguale orientamento il Ministero degli Interni che, sentito il parere dell’avvocatura generale dello Stato, ha emanato una Circolare, la n. 82 del 27.03.1984 prot. n. 4129/3/B.

 

Normativa applicabile dopo la sentenza 223/1983

Ma la sentenza della Corte Costituzionale, lasciando intatta tutta la parte restante dell’impianto della L. 865/1971, ha posto il problema di combinare e coniugare i criteri indennitari riportati in vita con le norme procedimentali previsti dalla legge stessa.
In pratica, dovendo procedere all’espropriazione di un terreno edificabile, in presenza di un proprietario coltivatore diretto che cede volontariamente l’area, a quanto ammonta l’indennità da corrispondere?

Utilizzando il criterio previsto dall’art. 39 della L. 2359/1865 e combinandolo con l’art. 17 della L. 865/1971, l’indennità risulterebbe uguale a tre volte il valore di mercato, determinandosi una incoerente sopravvalutazione dell’immobile. In tal caso, decadrebbe il principio del
giusto prezzo del bene espropriato.
E come si determina l’indennità di esproprio di un’area edificabile in presenza di fittavolo, mezzadro, colono o compartecipante? Anche in questo caso, dal combinato disposto delle due leggi, l’indennità risulterebbe maggiore del giusto prezzo che l’immobile avrebbe in una libera contrattazione di compravendita.

Questo problema è stato posto dal Tribunale di Milano che, con ordinanza 30.04.1987, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 1 (7) e dell’art. 17, commi 1 e 2 (8) della L. 865/1971, con riferimento al comma 3 dell’art. 42 della Costituzione.

Problemi nati dalla combinazione delle
leggi in vigore









(7) "Il proprietario espropriando, entro trenta giorni dalla notificazione dell’avviso di cui al comma 4 dell’art. 11, ha diritto di convenire con l’espropriante la cessione volontaria degli immobili per un prezzo non superiore del 50 per cento dell’indennità provvisoria, determinata ai sensi dei successivi artt. 16 e 17" (art. 12, comma 1, L. 865/1971).

(8) "Nel caso che l’area da espropriare sia coltivata dal proprietario diretto coltivatore, nell’ipotesi di cessione volontaria ai sensi dell’art. 12, primo comma, il prezzo di cessione è determinato in misura tripla rispetto all’indennità provvisoria, esclusa la maggiorazione prevista dal suddetto articolo".
"Nel caso invece che l’espropriazione attenga a terreno coltivato dal fittavolo, mezzadro, colono o compartecipante, costretto ad abbandonare il terreno stesso, ferma restando l’indennità di espropriazione determinata ai sensi dell’art. 16, in favore del proprietario, uguale importo dovrà essere corrisposto al fittavolo, al mezzadro, al colono o al compartecipante che coltivi il terreno espropriante almeno da un anno prima della data del deposito della relazione di cui all’art. 10". (art. 17, commi 1 e 2, L. 865/1971).

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 1022 del 28.10 - 09.11.1988, ha chiarito che:

  • il valore venale dell’immobile rappresenta il limite massimo complessivo del prezzo dell’operazione espropriativa e, pertanto, l’indennità dovuta all’affittuario deve essere detratta da quella spettante al proprietario;

  • l’indennità dovuta all’affittuario deve essere direttamente corrisposta dall’ente espropriante ed è pari al valore agricolo medio della coltura effettivamente praticata anche se trattasi di aree comprese nei centri edificati con destinazione edificatoria;

  • al proprietario che cede volontariamente l’area non è dovuta alcuna maggiorazione non potendo pretendere dall’ente espropriante un prezzo maggiore del valore di scambio del bene in una vendita tra privati.

Chiarimenti della
Corte Costituzionale
sulla combinazione delle leggi in vigore



 

8 - Legge 8 agosto 1992, n. 359 - art. 5/bis (1) - Misure urgenti per il risanamento della finanza ...

(1) 1) "Fino all’emanazione di un’organica disciplina per tutte le espropriazioni preordinate alla realizzazione di opere o interventi da parte o per conto delle Stato, delle regioni, delle province, dei comuni e degli altri enti pubblici o di diritto pubblico, anche non territoriali, o comunque preordinate alla realizzazione di opere o interventi dichiarati di pubblica utilità, l’indennità di espropriazione per le aree edificabili è determinata a norma dell’art. 13, terzo comma, della legge 15.01.1885, n. 2892, sostituendo in ogni caso ai fitti coacervati dell’ultimo decennio il reddito dominicale rivalutato di cui agli artt. 24 e seguenti del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22.12.1986, n. 917. L’importo così determinato è ridotto del 40%".
2) "In ogni fase del procedimento espropriativo il soggetto espropriato può convenire la cessione volontaria del bene. In tal caso non si applica la riduzione di cui al primo comma".
3) "Per la valutazione della edificabilità delle aree, si devono considerare le possibilità legali ed effettive di edificazione esistenti al momento dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio".
4) "Per le aree agricole e per quelle che, ai sensi del terzo comma, non sono classificabili come edificabili, si applicano le norme di cui al Titolo II della legge 22.10.1971, n. 865, e successive modificazioni ed integrazioni".
5) "Con regolamento da emanare con decreto del Ministro dei lavori pubblici ai sensi dell’art. 17 della legge 23.08.1988, n. 400, sono definiti i criteri dei requisiti per la individuazione della edificabilità di fatto di cui al terzo comma".
6) "Le disposizioni di cui al presente « articolo si applicano in tutti i casi in cui non sono stati ancora determinati, in via definitiva, il prezzo, l’entità dell’indennizzo o/e del risarcimento del danno»
(*), alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto".
7) "Nella determinazione dell’indennità di espropriazione per i procedimenti in corso si applicano le disposizioni di cui al presente articolo"
7-bis) "In caso di occupazioni illegittime di suoli per causa di pubblica utilità, intervenute anteriormente al 30 settembre 1996, si applicano per la liquidazione del danno, i criteri di determinazione dell’indennità di cui al comma 1, con esclusione della riduzione del 40%. In tal caso, l’importo del risarcimento è altresì aumentato del 10%. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche ai procedimenti in corso e non definiti con sentenza passata in giudicato" (**).

(*) la parte contenuta tra virgolette « ...» è stata inserita, modificando la dicitura originaria, dall’art. 1, comma 65, della L. 28.12.1995, n. 549. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 369 del 17.10.1996, ha dichiarato illegittima la parte del comma 6 in cui è prevista l’applicazione dei criteri stabiliti per la determinazione del "prezzo e dell’indennità" al risarcimento del danno.

(**) il comma 7-bis è stato inserito dall’art. 3, comma 65, della L. 23.12.1996, n. 662.

L’ultimo capitolo relativo ai criteri per la determinazione dell’indennità di espropriazione è stato scritto con l’art. 5/bis del D.L. 333/1992, convertito in L. 359/1992, recante "Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica".

Si tratta di un provvedimento provvisorio, in attesa dell’emanazione di un’organica disciplina per tutte le espropriazioni preordinate alla realizzazione di opere pubbliche, che trova applicazione solo per le aree edificabili e, facendo riferimento alla legge di Napoli, fissa l’indennità di esproprio nel valore, ridotto del 40%, ottenuto dalla media aritmetica fra il valore venale dell’immobile al momento dell’esproprio ed il reddito dominicale dell’ultimo decennio rivalutato.
Nel caso di cessione volontaria del bene non trova applicazione la riduzione del 40% e tale determinazione può essere assunta in qualunque fase del procedimento.

Inoltre, la norma stabilisce:

  • per le aree agricole e per le aree comunque non edificabili si applicano le norme contenute nel Titolo II della L. 865/1971;

  • il requisito di edificabilità dell’area, definito mediante criteri da emanare con decreto del Ministro dei LL.PP., deve essere posseduto al momento dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio;

  • la norma non è applicabile ai procedimenti che risultano definiti alla data di entrata in vigore della legge.

 



Indennità aree edificabili:
riferimento alla
legge di Napoli




Indennità aree agricole:
riferimento alla L. 865/1971

Avverso le disposizioni contenute nell’art. 5/bis sono state sollevate numerose questioni di incostituzionalità.

La suprema Corte, con sentenza n. 283 del 10-16.06.1993, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del secondo comma nella parte in cui non prevede in favore dei soggetti già espropriati al momento dell’entrata in vigore della legge e nei confronti dei quali l’indennità di espropriazione non sia ancora divenuta incontestabile, il diritto di accettare l’indennità di cui al primo comma con esclusione della riduzione del 40%.

Successivamente, con una duplice sentenza (la n. 414 del 12-23.11.1993 e la n. 492 del 22-30.12.1993), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5/bis sollevate con riferimento agli artt. 3, 24 (2) e 42.

In concreto, la Corte Costituzionale, richiamandosi ai suoi precedenti pronunciamenti, ha riaffermato che l’indennità:

  • non può essere irrisorio, ma, all’opposto, deve essere serio ed adeguato;

  • non deve essere necessariamente coincidente con il valore venale del bene;

  • rappresenta il massimo di contributo e di riparazione che, nell’ambito degli scopi di interesse generale, la pubblica amministrazione può garantire all’interesse privato.

Per il conseguimento di questi scopi è costituzionalmente legittimo il criterio che fa dipendere la determinazione dell’indennità di esproprio da una molteplicità di parametri purché almeno uno di essi faccia riferimento al valore venale del bene espropriato.

Questioni di legittimità
costituzionale














(2) "Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi".
"La difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento".
"Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendere davanti ad ogni giurisdizione".
"La legge determina le condizioni ed i modi per la riparazione degli errori giudiziari" (art. 24, Costituzione).

Le disposizioni contenute nell’art. 5/bis debbono combinarsi con l’art. 16 (3) del D.Lgs. 30.12.1992, n. 504 (istitutivo della Imposta Comunale Immobiliare) che, in materia di espropriazione per pubblica utilità, dispone:

  • l’indennità è ridotta al valore indicato nell’ultima dichiarazione I.C.I. dall’espropriato se tale valore risulta inferiore all’indennità medesima;

  • in aggiunta all’indennità è dovuta una maggiorazione, gravata degli interessi legali, pari alla differenza fra l’importo dell’imposte pagate sul bene, dall’espropriato o dal suo dante causa, nell’ultimo quinquennio e quello risultante dal computo dell’imposta eseguito sulla base dell’indennità.

Combinazione con la legge istitutiva dell’I.C.I.



(3) "In caso di espropriazione di area fabbricabile l’indennità è ridotta ad un importo pari al valore indicato nell’ultima dichiarazione o denuncia presentata dall’espropriato ai fini dell’applicazione dell’imposta qualora il valore dichiarato risulti inferiore all’indennità di espropriazione determinata secondo i criteri stabiliti dalle disposizioni vigenti".
"In caso di espropriazione per pubblica utilità, oltre all’indennità, è dovuta una eventuale maggiorazione pari alla differenza tra l’importo dell’imposta pagata dall’espropriato o dal suo dante causa per lo stesso bene negli ultimi cinque anni e quello risultante dal computo dell’imposta effettuato sulla base dell’indennità. La maggiorazione, unitamente agli interessi legali sulla stessa calcolati, è a carico dell’espropriante" (art. 16, D. Lgs. 504/1992).
Un cenno conclusivo merita la problematica connessa alla liquidazione dell’indennità risarcitoria in caso di occupazione illegittima.
La materia, regolamentata in precedenza dalla L. 2359/1865, è stata innovata dall’art. 1, comma 65, della L. 549/1995 che, modificando il comma 6 dell’art. 5/bis, ha equiparato l’indennità risarcitoria con quella legittima.
La legge fondamentale prevedeva, invece, un’indennità calcolata sulla base del criterio previsto dall’art. 39 e cioè coincidente con il valore di mercato del bene.
La Consulta, investita del problema, ha abrogato la norma, dichiarandola incostituzionale, con sentenza n. 369 del 17.10.1996,
Successivamente, il legislatore con la legge finanziaria 1997, la L. 662/1996, ha ulteriormente modificato l’art. 5/bis, introducendo un nuovo comma, il 7/bis, ed ha stabilito che l’ammontare dell’indennità risarcitoria si determina con lo stesso criterio dell’indennità legittima, senza la riduzione del 40%, incrementata del 10% .
Avverso questo ultimo provvedimento sono state sollevate questioni di incostituzionalità, con riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione, dalle Corti di Appello di Reggio Calabria (16.01.1997), di Torino (24.01.1997) e di Trento (28.01.1997).

Indennità risarcitoria in caso di occupazione illegittima